Alberi Ornamentali | Mille Piante di Mile Kolev - Loc. Piana Guriot 11 - 12069 S. Vittoria D'Alba - Cell. 328.7595132
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Mille Piante

di Mile Kolev – C.so Unità d’Italia 65 – Piana Biglini Alba (Cn)
Alberi Ornamentali

Mille Piante

di Mile Kolev – C.so Unità d’Italia 65 – Piana Biglini Alba (Cn)
Alberi Ornamentali

Alberi ornamentali

Gli Alberi ornamentali offrono una grande diversità di forme e dimensioni: si può sempre trovare quello adatto per tutti i giardini, dal più piccolo al più grande.

Con la loro maestosità si possono creare parchi o giardini; con la loro ombra ci proteggono dalla calura estiva; con il fogliame ci difendono dal vento, dal rumore, dall’inquinamento.

Gli Alberi ornamentali ci accompagnano durante l’anno, seguendo le stagioni, con le fioriture ed il fogliame che diventa così spettacolare durante l’autunno.

 

Acer (Acero)
Aesculus (Ippocastano)
Ailanthus (Ailanto)
Albizia

Alnus
Betula (Betulla)

Carpinus (Carpino)

Catalpa
Cedrela

Celtis

Cercidiphyllum

Cercis

Cornus (Corniolo)

Corylus

Davidia

Elaeagnus
Eucalyptus
Fagus (Faggio)

Fraxinus (Frassino)

Gleditsia

Juglans

Koelreuteria

Laburnum
Liquidambar
Liriodendron (Albero dei tulipani)

Magnolia Malus (Melo da fiore)
Morus (Gelso)

Parrotia
Platanus (Platano)

Populus (Pioppo)

Prunus

Pyrus

Chanticleer
Quercus (Quercia)

Robinia

Salix (Salice)

Sophora
Sorbus (Sorbo)

Tilia (Tiglio)
Ulmus (Olmo)

Zelkova

Acero da giardino

Gli aceri sono in genere alberi di media grandezza, anche se questo genere, appartenente alla famiglia delle Sapindacee, riunisce più di cento specie, comprendendo arbusti che non superano il metro, e grandi alberi che possono raggiungere i 30 metri di altezza; a parte una sola specie, originaria dell’emisfero australe, tutte le altre specie di acero sono originarie dell’Asia, dell’Europa e dell’America settentrionale.

Nonostante esistano aceri sempreverdi, nei parchi e nei giardini troviamo spesso aceri a foglie caduche; prima di tutto perché le specie che perdono le foglie in inverno sono molto più numerose; secondariamente perché molte specie e varietà di acero diffuse in coltivazione assumono in autunno una splendida colorazione del fogliame, che può variare dal gallo oro, fino al rosso bordeaux.

Sono moltissime le specie di acero coltivate in giardino, anche se sicuramente la più diffusa è acer palmatum, o acer japonicum, perché si tratta di esemplari di piccole dimensioni, che spesso non superano il metro di altezza, e quindi possono trovare posto anche in giardini di dimensioni modeste o sul terrazzo, in vaso. I fiori dell’acero sono poco vistosi, di colore verde, rosso, o aranciato, e compaiono spesso appena prima delle foglie, in primavera, o assieme ad esse; non si tratta di fiori grandi e decorativi, ma di fiori semplici, riuniti in corimbi; divengono vistosi solo quando l’albero è in piena fioritura, perché la vita d’insieme è sicuramente particolare.

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Aesculus (Ippocastano)

L’ippocastano o castagno d’India (Aesculus hippocastanum L., 1753) è un albero appartenente alla famiglia Sapindaceae, diffuso in Europa.

È molto usato come ornamentale nei viali o come pianta isolata. Crea una zona d’ombra molto grande e fitta.
Portamento

L’Ippocastano può arrivare a 25-30 metri di altezza; presenta un portamento arboreo elegante ed imponente. La chioma è espansa, raggiunge anche gli 8-10 metri di diametro restando molto compatta. L’aspetto è tondeggiante o piramidale, a causa dei rami inferiori che hanno andamento orizzontale.
Corteccia
I rami sono lenticellati, presentano grandi gemme opposte, rossastre, ed una terminale di notevoli dimensioni, ricoperte da una sostanza collosa. La corteccia è bruna e liscia e si desquama con l’età.
Foglie
Le foglie dell’ippocastano sono decidue, palmato-settate, con inserzione opposta, mediante un picciolo di 10–15 cm, su rametti bruni o verdastri e leggermente pubescenti. Ciascuna foglia, che può arrivare a oltre 20 cm di lunghezza, è costituita da 5-7 lamine obovate con apice acuminato e base stretta. Il margine è doppiamente seghettato, la nervatura risulta ben marcata. Il picciolo non ha stipole, ma una base allargata ed una fenditura che lo solca. Le foglie sono di color verde brillante nella pagina superiore e verde chiaro, con una leggera tomentosità sulle nervature, in quella inferiore.
Fiori
La pianta ha fiori ermafroditi a simmetria bilaterale, costituiti da un piccolo calice a 5 lobi ed una corolla con 5 petali bianchi, spesso macchiati di rosa o giallo al centro. I fiori sono riuniti in infiorescenze a pannocchia di grandi dimensioni (fino 20 cm di grandezza e 50 fiori). La fioritura avviene nei mesi di aprile – maggio.
Sono visitati dalle api, che ne raccolgono il polline rosso cremisi ed il nettare, da cui producono un miele chiaro.
Frutti
I frutti sono grosse capsule rotonde e verdastre, munite di corti aculei, che si aprono in tre valve e contengono un grosso seme o anche più semi di colore bruno lucido che prendono il nome di castagna matta. Hanno un sapore amaro e sviluppano un odore molto sgradevole durante la cottura; sono leggermente tossici quindi non commestibili.

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Ailanthus (Ailanto)

Ailanthus altissima, in italiano ailanto o anche albero del paradiso, è una pianta decidua appartenente alla famiglia delle Simaroubaceae. È nativo della Cina nordoccidentale e centrale e di Taiwan ed è naturalizzato in Italia, in altri paesi europei, negli Stati Uniti, in Australia e in Nuova Zelanda. Diversamente da altri membri del genere Ailanthus, è infatti amante dei climi temperati anziché di quelli tropicali. L’albero cresce rapidamente e può raggiungere altezze di 15 m in 25 anni; da questa tendenza a diventare alto è derivato il nome “albero del paradiso”. È poco longevo, superando raramente i 50 anni di vita ed eccezionalmente il secolo di vita. Nonostante ciò, la sua straordinaria capacità di generare polloni consente alla pianta di replicare sé stessa per tempi assai più lunghi.
L’ailanto è un albero di medie dimensioni che raggiunge altezze di 17–27 m e un diametro, all’altezza del petto, di 1 m. La qualità del legno è in genere molto modesta, sia per robustezza, sia per durata.
Corteccia

La corteccia è liscia, grigio chiaro; con l’avanzare dell’età dell’albero, spesso diviene ruvida, con screpolature marrone chiaro. Gli steli sono diritti, lisci poiché ricoperti superficialmente da peluria, e rossicci o castani nella colorazione. La corteccia ha lenticelle come anche cicatrici a forma di cuore delle foglie (cioè un segno lasciato sul ramo quando una foglia cade) con molti fasci di cicatrici (ovvero piccoli segni dove le venature delle foglie erano unite all’albero) intorno ai bordi. Le gemme hanno una fine pubescenza, forma a cupola e sono parzialmente nascoste dal picciolo, sebbene siano completamente visibili nella stagione latente nelle cavità delle cicatrici delle foglie. I rami hanno un colore che va dal grigio chiaro allo scuro, sono lisci, lucenti e hanno lenticelle in rilievo che diventano fessure con la crescita dell’albero. Le estremità dei rami diventano pendenti.
Foglie
Le foglie sono composte, hanno una composizione pennata sono larghe, spaiate od ordinate e sono disposte alternatamente sullo stelo. Esse variano per dimensione dai 30 ai 90 cm in lunghezza e contengono 10-41 foglioline organizzate in coppie, con le foglie più larghe poste sui giovani germogli vigorosi. Il rachide è di colore verde-rossiccio chiaro con la base rigonfia. Le foglioline sono ovate-lanceolate con margini lisci, abbastanza asimmetriche e talvolta non direttamente opposte l’una all’altra. Ogni fogliolina è lunga dai 5 ai 18 cm e larga dai 2,5 ai 5 cm. Hanno l’estremità affusolata mentre le basi hanno da due a quattro denti, ognuno contenente una o più ghiandole sulla punta. I lati superiori delle foglioline sono di colore verde scuro con venature verde chiaro, mentre i lati inferiori sono verde biancastro. I piccioli sono lunghi dai 5 ai 12 mm. Le basi lobate e le ghiandole la distinguono dal sommacco, specie che, pur appartenendo ad un’altra famiglia botanica, presenta un aspetto per alcuni versi simile.

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Albizia

Albizia Durazz., 1772 è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Mimosaceae (o Fabaceae secondo la classificazione APG), comprendente un centinaio di specie tra alberi e arbusti, originari della zona tropicale di Africa, Asia e Australia.Il nome è un omaggio al naturalista fiorentino Filippo degli Albizzi, che per primo la introdusse in Europa nel 1740 da Costantinopoli.

Simile all’acacia se ne differenzia per gli stami riuniti alla base; le foglie decidue composte sono formate da molte coppie di foglioline, i fiori di varia foggia a volte simili a quelli delle mimose, profumati, in spighe o a forma di piumino, hanno colori che vanno dal bianco al giallo al rosato, e si possono ammirare da luglio a settembre. Le specie arboree possono raggiungere l’altezza di 4–10 m. Molte specie vengono coltivate come piante ornamentali, tra le più diffuse ricordiamo l’Albizia julibrissin, nota come Acacia di Costantinopoli o Gaggia arborea coltivata in varie parti d’Italia, l’Albizia anthelmintica originaria dell’Africa, ed infine l’Albizia lebbeck, albero originario dell’Asia meridionale. Sono tutte piante semi-rustiche che sopportano bene anche gli ambienti inquinati o salmastri e ben si adattano all’arredo urbano di viali, parchi e giardini. Altre specie asiatiche hanno importanza nell’economia locale, specialmente in India, per la produzione di gomma, come l’Albizia procera. ColtivazioneRichiedono esposizione soleggiata ma riparata dai venti freddi, preferisce suoli freschi, fertili leggeri e ben drenati, adattandosi però anche in quelli asciutti. Vanno generosamente irrigate nella stagione vegetativa. Si possono collocare a dimora in primavera.

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Alnus Betula (Betulla)

Betula (Betula, L., 1753) è un genere di piante della famiglia delle Betulacee, genericamente note come betulle.

Il genere comprende oltre 40 specie originarie dell’emisfero boreale.

Etimologia
Il nome del genere è un latinismo, dal latino betulla, a sua volta d’origine gallica (cfr. *betw, bed-wen, “betulla”), collegata con bitūmen. Esiste una voce di tradizione popolare bidolla che non ha raggiunto la Toscana. Le piante del genere sono conosciute nei Paesi germanici con il nome di Birke (tedesco), birch (inglese) ecc., da una radice indoeuropea *bherəg-, “splendente, bianco” (cfr. sanscrito bhūrjah e latino fraxinus).
Descrizione
Si tratta di alberi e arbusti a fogliame caduco che possono raggiungere i 15–30 m di altezza, foglie variamente formate e sfumate di giallo a seconda della specie o varietà. La specie più diffusa è la Betula pendula (sinonimo Betula verrucosa), da alcuni autori considerata una sottospecie o varietà di B. alba e chiamata volgarmente betulla bianca, betulla pendula o betulla d’argento, e predilige terreni acidi, poveri, sabbiosi o ciottolosi. Mentre la Betula pubescens, nota col nome di betulla pelosa o betulla delle torbiere, dalle foglie pelose, predilige terreni paludosi o torbosi ed è di dimensioni analoghe alla B. pendula, anche se si presenta più frequentemente come alberetto o cespuglio.
Le betulle si caratterizzano per la corteccia bianca sporca dovuta alla presenza di granuli di betulina; sono dotate di una notevole rusticità, resistendo a condizioni ambientali avverse, quali geli improvvisi e prolungati e lunghi periodi di siccità; sono diffuse nelle regioni del Picetum, Fagetum e Castanetum, ma si spingono anche nelle zone superiori e inferiori.
Distribuzione e habitat
Il genere Betula è distribuito prevalentemente nelle zone temperate e boreali dell’emisfero nord. Sono piante eliofile e pioniere che rapidamente occupano aree scoperte dopo gli incendi o il taglio. Possono formare boschi puri o presentarsi in gruppi ed elementi isolati.

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Carpinus (Carpino)

Carpinus L., 1753 è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Betulacee. Il genere comprende nel complesso 26 specie che colonizzano le aree temperate dell’emisfero boreale.

In Italia sono presenti le seguenti specie:

Carpinus betulus L. (carpino bianco), albero tipico dell’Europa occidentale;
Carpinus orientalis Mill. – (carpino orientale, carpinello o, meno frequentemente, carpinella), piccolo albero diffuso invece nell’Europa orientale.

L’albero comunemente chiamato carpino nero o carpinella, anch’esso presente in Italia, non appartiene a questo genere, ma al genere affine Ostrya.
Descrizione

Il genere comprende specie con fiori maschili e femminili separati; le specie sono monoiche (cioè le infiorescenze maschili e femminili sono portati sul medesimo individuo). Le foglie sono caduche, alterne e dentate.

I frutti sono delle noci portate da una brattea fogliacea triloba (in Carpinus betulus L.) o con il margine profondamente serrato (in Carpinus orientalis Mill.), la forma della brattea è un elemento distintivo rispetto al carpino nero.

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Catalpa

Catalpa Scop., 1777 è un genere di piante appartenente alla famiglia Bignoniaceae, originario dell’America Settentrionale, Centrale e dell’Asia Orientale.

Etimologia
Il nome deriva dal termine muscogee per albero, kutuhlpa, che significa “testa alata” e non è correlato col nome del popolo Catawba. I termini Catalpa e Catalpah sono stati utilizzati da Mark Catesby tra il 1729 e il 1732, mentre Carlo Linneo la classifica come Catalpa Bignonia nel 1753. Giovanni Antonio Scopoli istituì il genere Catalpa nel 1777.
Descrizione

Per lo più alberi a foglia caduca, che in genere crescono fino a 12-18 m di altezza e 6-12 m di larghezza. Un alberello di 10 anni sarà di circa 6 m di altezza. Possono essere riconosciuti per le grandi dimensioni, per la forma trilobata a cuore delle foglie, per i vistosi fiori bianchi o gialli a larghe pannocchie e, durante l’autunno, per i frutti lunghi 20-50 cm, che ricordano un fagiolo sottile, e contengono numerosi piccoli semi piatti; ogni seme rivela due “ali” sottili per la dispersione anemocora.

A causa dell’ampia superficie delle foglie, le specie di Catalpa forniscono un’ombra molto scura e rappresentano un habitat importante per molte specie di uccelli, fornendo loro un buon riparo dalla pioggia e dal vento. Questi alberi lasciano cadere ben poco, ma durante la tarda estate rilasciano i frutti marroni. Il legno è abbastanza morbido.

La specie di Catalpa hanno foglie simili alla Paulownia tomentosa, importata dalla Cina. A volte sono confusi anche con l’albero tung (Vernicia fordii) nel sud del Regno Unito.
Le due specie provenienti dal Nord America, Catalpa bignonioides (catalpa del sud) e Catalpa speciosa (catalpa del nord), sono ampiamente diffuse fuori dal loro areale naturale come piante ornamentali, grazie ai loro fiori vistosi e alla bella forma. Le due specie sono molto simili in apparenza, ma la catalpa del nord ha foglie, fiori e baccelli leggermente più grandi. La fioritura inizia dopo 275 GGD. La Catalpa ovata, proveniente dalla Cina, con fiori giallo pallido, è ugualmente piantata a scopo ornamentale anche al di fuori del suo areale.

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Cedrela

La Cedrela odorosa L., in italiano cedrella, cedrela, cedro spagnolo o cedro cubano.
Distribuzione e habitat

La cedrela è una pianta tipica dei tropici del Nuovo Mondo, presente nelle foreste umide tropicali e subtropicali dal 26º parallelo nord in giù. Esso è presente anche nella costa pacifica del Messico, in America Centrale e nei Caraibi, sino a 1200 metri di altitudine, giungendo come diffusione sino in Argentina. È divenuta una specie invasiva nelle Isole Galapagos. La cedrela cresce su suoli a base di calce; tollera lunghi periodi di siccità ma non è in grado di crescere nelle aree delle grandi piogge dove esse superano i 3000 mm annui. Il mogano, una pianta strettamente imparentata, si trova spesso nei medesimi luoghi dove cresce la cedrela e come essa non resiste agli attacchi della Hypsipyla grandella.
L’albero è monoico semi-deciduo e può raggiungere l’altezza di 10-30 metri. Il tronco ha una corteccia grigio-marrone con fratture irregolari verticali. Le foglie, composte e lanceolate, sono raggruppate alla fine di ciascun ramo (lunghi massimo 50 cm) in misure da 7-15 cm x 3-5 cm asimmetriche.

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Celtis

Il genere Celtis comprende alcune decine di specie (da 60 a 100 secondo gli autori) di alberi o arbusti diffusi nelle regioni temperate e tropicali di Europa, Asia e Nordamerica.

In Italia il genere Celtis è rappresentato da Celtis australis, il bagolaro.
Il bagolaro (Celtis australis L., 1753), chiamato anche romiglia, spaccasassi o albero dei rosari è una pianta spontanea appartenente alla famiglia Ulmaceae. La specie è nativa dell’Europa meridionale, Africa del Nord e Asia minore.
In Sicilia sono inoltre presenti due entità, talora considerate al rango di specie (Celtis aetnensis e Celtis asperrima), che vengono considerate generalmente (p.es. IPNI ) sottospecie di Celtis tournefortii, specie diffusa nell’area del Mediterraneo orientale.
Etimologia
Il nome del genere Celtis deriva dal latino celtis. Secondo Plinio il Vecchio sarebbe questo il nome della pianta chiamata in Africa loto, citata anche da Erodoto, Dioscoride e Teofrasto. Anche Omero nel libro IX dell’Odissea cita l’incontro di Ulisse con i lotofagi, i mangiatori di loto. Secondo altri autori invece questa pianta sarebbe da identificarsi con il giuggiolo (Ziziphus jujuba).

Descrizione
Illustrazione di foglie, fiori e frutti del C. australis. Da Otto Wilhelm Thomé, Flora von Deutschland, Österreich und der Schweiz, 1885.
Il bagolaro è un grande albero, è un caducifoglia e latifoglia, alto sino a 20–25 m anche se l’altezza media è di 10–12 m. Il tronco è abbastanza breve, robusto e caratterizzato (in età adulta) da possenti nervature, con rami primari di notevoli dimensioni, mentre quelli secondari tendono a essere penduli. La chioma è piuttosto densa, espansa, quasi perfettamente tondeggiante.
Presenta un legno chiaro, duro, tenace ed elastico e di grande durata. Attecchisce facilmente, sviluppando un apparato radicale profondo e talvolta la sua presenza comporta il deperimento delle limitrofe specie arboree esistenti. È un albero molto longevo, diventando plurisecolare e con crescita lenta. Questa pianta è conosciuta anche per il suo forte apparato radicale, che lo rende in grado di sopravvivere e radicare anche in terreni carsici e sassosi, asciutti.
Foglie
Le foglie del bagolaro hanno un picciolo lungo (5–15 mm) e una lamina quasi ellittica o lanceolata (2–6 cm × 5–15 cm). Sono caratterizzate da un apice allungato e da base un po’ asimmetrica. La pagina superiore è più scura e ruvida.
Fiori
I fiori sono ermafroditi e unisessuali (maschili), compaiono con le foglie e sono riuniti in piccoli grappoli (ogni fiore misura circa 2–3 mm). La fioritura avviene fra aprile e maggio.
Frutti
I frutti sono delle drupe subsferiche di circa 8–12 mm. Dapprima di colore giallo o grigio-verde chiaro, con la maturazione divengono scure. Sono eduli, di sapore dolciastro, ma la polpa è scarsa.

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Cercidiphyllum

Il genere Cercidiphyllum (Siebold & Zucc., 1835, chiamato volgarmente katsura, dal suo nome in giapponese) è l’unico genere della piccola famiglia delle Cercidifillacee (Cercidiplyllaceae Engler), propria dell’Asia orientale (Cina e Giappone).
Descrizione

Le piante di questo genere sono alberi a foglia caduca, che possono superare i 30 m d’altezza.

Il nome della famiglia viene dalla forma delle foglie, che assomigliano a quelle degli alberi del genere Cercis. Le foglie sono odorose.

Il Cercidiphyllum è una pianta dioica: i fiori maschili e femminili si trovano su individui diversi. Sono fiori poco appariscenti, riuniti in piccole infiorescenze, a impollinazione anemofila.
Tassonomia

La classificazione APG ed ITIS le Cercidifillacee appartengono all’ordine delle Sassifragali, ma altri studiosi moderni, per esempio Species 2000, le inseriscono nell’ordine delle Amamelidali, e altri invece alle Trocodendrali.

L’unico genere Cercidiphyllum comprende solo quattro specie:

Cercidiphyllum crenatum, estinta
Cercidiphyllum japonicum, diffuso in Cina e in Giappone (areale disgiunto);
Cercidiphyllum magnificum, endemico dell’isola di Honshū in Giappone.
Cercidiphyllum obtritum, estinta

Fossili
Il Cercidiphyllum è considerato un fossile vivente. Infatti alla famiglia delle Cercidifillacee vengono ascritti anche altri generi estinti (Nyssidium, Trochodendroides) con reperti fossili fin dal Cretaceo inferiore (circa 100 milioni di anni fa) distribuiti in tutto l’emisfero boreale. I primi reperti fossili attribuiti specificamente al genere Cercidiphyllum risalgono al Cretaceo superiore (circa 70 milioni di anni fa) e sono stati trovati in Nordamerica.

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Cercis

Cercis L., 1758 è un genere di piante della famiglia delle Fabacee (o Leguminose), che comprende piccoli alberi spontanei nelle regioni temperato-calde di tutti i continenti dell’emisfero boreale: Nordamerica, Europa e Asia. In Italia il genere è rappresentato dalla specie Cercis siliquastrum, l'”albero di Giuda”, spontaneo nella regione mediterranea e anche estesamente piantato per ornamento.
Descrizione

Il genere Cercis comprende piccoli alberi o arbusti, con caratteristiche foglie tondeggianti o cuoriformi.
Le foglie sono sempre caduche.

I fiori appaiono in primavera prima delle foglie e sono di colore rosa-violaceo.
Sistematica

Il genere Cercis, all’interno delle Fabacee, è inserito nella sottofamiglia delle Cesalpinioidee e all’interno di questa nella tribù delle Cercideae, che prende nome proprio da questo genere.
Foglie e fiori di Cercis occidentalis, spontaneo in California e regioni limitrofe

Il genere Cercis comprende 7-10 di specie, che qui elenchiamo:

Europa e Asia:
Cercis siliquastrum, l'”albero di Giuda” in senso proprio;
Cercis gigantea
Cercis chinensis
Cercis griffithii
Cercis racemosa
Nordamerica:
Cercis canadensis
Cercis occidentalis

Alcune specie comprendono sottospecie o varietà che alcuni studiosi elevano al rango di specie. Questo vale in particolare per Cercis glabra e Cercis japonica (incluse in Cercis chinensis) e per Cercis mexicana, Cercis reniformis, Cercis texensis (incluse in Cercis canadensis).

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Cornus (Corniolo)

Cornus L., 1753 è un genere di piante angiosperme dicotiledoni appartenenti alla famiglia delle Cornaceae.

La specie più comune è il corniolo.
Descrizione
La maggior parte delle specie di Cornus sono alberi decidui o arbusti.
Tassonomia

Il genere comprende oltre 40 specie.

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Corylus (nocciolo)

Corylus (nocciolo) L., 1753 è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Betulaceae.
Specie

Le specie di Corylus conosciute sono:

Corylus americana Walter
Corylus avellana L. – Nocciolo comune
Corylus chinensis Franch.
Corylus colchica Albov
Corylus colurna L.
Corylus cornuta Marshall
Corylus fargesii (Franch.) C.K.Schneid.
Corylus ferox Wall.
Corylus heterophylla Fisch. ex Trautv.
Corylus jacquemontii Decne.
Corylus maxima Mill. – Nocciolo lungo
Corylus potaninii Bobrov
Corylus sieboldiana Blume – Nocciolo del Giappone
Corylus wangii Hu
Corylus wulingensis Q.X.Liu & C.M.Zhang
Corylus yunnanensis (Franch.) A.Camus

Usi

Sono edibili i frutti di ogni varietà di nocciolo. Il nocciolo comune (Corylus avellana) è la prima specie più coltivata; nessun’altra specie ha particolare rilevanza commerciale. Un certo numero di varietà sono coltivate come piante ornamentali, per i rami contorti (C. avellana ‘Contorta’) penduli (C. avellana ‘Pendula’) o per i petali viola (C. maxima ‘Purpurea’). Il nocciolo è un materiale tradizionalmente usato per costruire graticci, palizzate, canestri. L’albero può essere capitozzato, dato che emette polloni dopo pochi anni. Foglie e germogli sono cibo per le larve di varie specie di Lepidotteri.
Folklore

I Celti ritenevano i noccioli fonte di saggezza e ispirazione. Numerose versioni di leggende celtiche parlano di nove noccioli cresciuti intorno a uno specchio d’acqua, in cui cadevano i frutti maturi, mangiati da un salmone (pesce sacro ai Celti), il quale assorbiva la loro saggezza. In una di queste leggende, un druido, nella speranza di diventare onnisciente, pescò uno dei salmoni e chiese a un allievo di arrostirlo senza assaggiarlo. Mentre lo cucinava, si formò una bolla che l’allievo fece scoppiare col dito, assorbendo così la saggezza del pesce succhiandosi il dito scottato. Il ragazzo si chiamava Fionn Mac Cumhail (Fin McCool) e divenne uno tra i più celebri eroi della mitologia gaelica.

I fratelli Grimm, ne “Il ramo del nocciolo” sostengono che essi proteggano al meglio da tutti i rettili e dagli animali striscianti.

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Davidia

Davidia involucrata Baill., 1871 conosciuta anche come albero dei fazzoletti è un albero deciduo di medie dimensioni della famiglia delle Nyssaceae che comprende specie originarie della Cina e del Sud-est asiatico.

Davidia involucrata, unica specie del genere Davidia, è diffusa nei principali giardini botanici del mondo, deve il suo nome volgare alle brattee bianche e pendule che nascondono le infiorescenze e che somigliano a pezzi di tessuto.

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Elaeagnus

Elaeagnus L., 1753 è un genere di piante della famiglia Elaeagnaceae.
Descrizione

Al genere Elaeagnus appartengono piante arbustive o qualche volta arboree, con dimensioni, in tal caso, di alberetti che possono raggiungere i 7-10 m, non di rado spinose sulle branche ramose, hanno foglie sia caduche, sia persistenti, alterne, semplici, brevemente picciolate, intere, più o meno ricoperte (come anche nei giovani rametti) di un indumentum di peli squamosi di color argenteo o bruniccio. Hanno fiori bianchi o gialli, ascellari, solitari, o in grappoli piuttosto vistosi. Il frutto è apparentemente una drupa ed è commestibile in diverse specie, alcune delle quali sono a tal fine sfruttate.

E. angustifolia è detta volgarmente olivastro perché le foglie e il frutto la fanno lontanamente rassomigliare a un olivo. Questa specie è un albero talora spinescente, con i rami giovani e le foglie (specialmente al di sotto) bianco-argentee per peli squamosi. Il frutto è drupiforme, rosso a maturità, circondato dal calice accresciuto, polposo e sugoso e con un nocciolo durissimo dentro. Una sua varietà, E. angustifolia var. orientalis, pianta alta 5-8 m, si differenzia essenzialmente anche per il frutto che è più grosso, sugoso, simile a una corniola, dolce e mangreccio. E. multiflora è un arbusto cespugliante, del Giappone, alto attorno a 1,5-2 m, assai ramificato sin dalla base, a foglie caduche, intere, di un color verde velluto sulla faccia superiore e grigio-argenteo al di sotto. Il frutto, che, nella specie tipica, è piccolo e aspro, in E. multiflora var. edulis è invece più grosso, dolce, sugoso, di forma ovata e pendulo su lunghi piccioli.
Distribuzione e habitat
Il genere comprende una specie (E. angustifolia) che cresce in Italia, in qualche località del Veneto e della Valle d’Aosta, allo stato spontaneo, per naturalizzazione delle coltivazioni, e porta i nomi volgari di eleagno o olivagno. Questa ampia naturalizzazione, che si estende anche al Nordafrica, sta a dimostrare la relativamente antica introduzione di questa pianta. Tuttavia, il genere non appartiene alla flora europea, ma a quella dell’Asia occidentale e orientale giacché, allo stato spontaneo, si sono ritrovate specie nell’Iran (tale è, ad esempio, E. angustifolia), nella regione della Cocincina (Vietnam), nella Cina, nel Giappone, nella regione del Tonchino e dell’Annam (Vietnam). Del pari nel Nuovo Mondo e più precisamente nell’America settentrionale, Elaeagnus è rappresentato da due specie naturalizzate, originarie del Giappone.

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Eucalyptus

Gli eucalipti o eucalitti (Eucalyptus) sono un genere di piante arboree sempreverdi dell’Oceania (soprattutto Tasmania, Australia e Nuova Guinea) e Filippine, appartenente alla famiglia delle Mirtacee (ne sono presenti circa 600 specie). Il nome deriva dal greco εὖ, “bene”, e καλύπτω, “nascondere”, in riferimento al fatto che i petali nascondono il resto del fiore)

Caratteristiche

Gli eucalipti sono sempreverdi; la specie Eucalyptus regnans in Australia può superare anche i 90 metri; in Italia queste piante raggiungono dimensioni inferiori, solitamente non più di 25 metri. Il fusto ha la corteccia liscia. Il fiore è formato da un calice a forma di coppa chiusa che si stacca con la fioritura; il frutto è a forma di capsula con all’interno molti piccoli semi.
Importanza economica

Delle numerose specie classificate, solo una sessantina hanno anche interesse economico e provengono tutte dalle zone costiere dell’Australia, le zone caratterizzate da clima mite e da ricchezza di precipitazioni atmosferiche.

Gli impieghi prevalenti delle specie di eucalipti riguardano l’uso farmacologico e fitoterapico dell’olio essenziale, l’utilizzo del legno come legna da opera o da ardere o per la fabbricazione della carta, l’allestimento di apprestamenti protettivi (frangiventi) e, infine, come pianta ornamentale e in floricoltura per la produzione di fronde.

L’eucalipto è inoltre una fonte nettarifera importante per la sopravvivenza delle api in Sardegna. Qui il miele di eucalipto rappresenta il 50% della produzione di miele isolano.

Durante e dopo la bonifica dell’Agro pontino (Lazio meridionale) e di altre zone paludose italiane, avvenute durante il ventennio fascista, vennero piantati numerosi esemplari di eucalipti, per diverse ragioni: come linee frangivento, quale valida protezione contro il forte vento e le trombe d’aria (piuttosto comuni nel Pontino, specialmente nel periodo autunnale) sia per mantenere il più possibile “in asciutto” i limitrofi canali di scolo delle acque ed evitare i ristagni d’acqua responsabili della prolificazione della zanzara anofele. Gli alberi di eucalipto infatti necessitano di un fabbisogno d’acqua piuttosto elevato se paragonato alla vegetazione autoctona.

Ad oggi, nell’Agro Pontino, l’eucalipto è considerato una specie spontaneizzata.

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Fagus (Faggio)

Fagus (L., 1753) è un genere di piante angiosperme dicotiledoni appartenente alla famiglia delle Fagaceae che comprende specie arboree e arbustive originarie dell’Europa, delle Americhe, del Giappone e della Cina, con altezza dai 15–20 m fino ai 30–35 m.
Etimologia

Il sostantivo latino fāgus risale a un’antica radice indoeuropea che trova parentele nel greco φηγός phēgós “tipo di quercia”, nel gotico ???? bōka (cfr. tedesco Buche e inglese beech, “faggio”), nel russo бузина buziná, “sambuco”.

Dalla forma aggettivale fāgeum (attraverso una forma latina volgare *fagjum) deriva l’italiano faggio, di area toscana, bergamasca e romagnola; altrove si hanno derivati di fāgus, *fāga (portoghese faia) e (spagnolo haya), mentre in francese hêtre (dal franco *hester) ha soppiantato la parola d’origine latina.
In Italia

In Italia il genere è rappresentato dall’unica specie Fagus sylvatica L. diffusa sulle Alpi e sugli Appennini, dove forma boschi puri (faggete) o misti (di solito con Abies alba Mill. o Picea abies Karst.), nelle stazioni oltre i 500 m sulle Alpi e oltre i 900 m s.l.m. sugli Appennini. Localmente, quando le condizioni climatiche lo consentono, il faggio lo si può trovare molto più in basso: sul Gargano, nei pressi della Foresta Umbra, e precisamente nel comune di Ischitella sono presenti faggete depresse a 300 metri s.l.m. Ancora più bassa è la faggeta relitta abissale della valle del Carfalo presso Montaione, con esemplari sotto i 200 m s.l.m.

Il faggio è la specie forestale più presente nei boschi italiani con un’area complessiva, tra fustaie e cedui, di oltre un milione di ettari. Tra le faggete più celebri c’è quella di Monte Cimino nel comune di Soriano nel Cimino, e quella del “Gran bosco da Reme” del Cansiglio, uno dei primi esempi di gestione del bosco, utilizzato per fare remi dalla Serenissima Repubblica di Venezia.

Altre faggete si trovano nel Parco delle Foreste Casentinesi e degna di nota è la faggeta della Foresta Demaniale della Barbottina, tra il Colle del Melogno e Bardineto in Liguria, attraversata dall’Alta Via dei Monti Liguri, dove l’area protetta della Barbottina è annoverata tra le faggete più belle d’Italia e grandi in Europa.

La foglia del faggio fu scelta come simbolo nel logo dei XVI Giochi olimpici invernali di Albertville.
Uso

Per decorare parchi e giardini
In selvicoltura per la forestazione di montagne a clima fresco e nebbioso, con frequenti precipitazioni estive
Il legno di faggio, omogeneo e pesante, privo di elasticità ma resistente, inizialmente di colore bianco o, col tempo, rossastro, è ottimo per lavori di tornitura e mobileria, ed era un tempo utilizzato per le traversine ferroviarie e come ottimo combustibile. Usato per molti strumenti musicali (violini, pianoforti), la sua resistenza a scheggiarsi lo rendeva il materiale ideale per fabbricare i calci dei fucili.
I frutti sono acheni. Se privati del pericarpo velenoso, si consumano arrostiti come succedanei di castagne, nocciole o mandorle, tostati sono un surrogato del caffè. I frutti sono detti “faggiole” e somigliano a delle piccole castagne triangolari, racchiuse a due a due in un involucro legnoso ricoperto da aculei morbidi. Ne sono ghiotte alcune specie di fauna selvatica compreso il cinghiale.
L’olio estratto dai semi, di colore pallido e sapore dolciastro viene utilizzato come condimento e un tempo come combustibile.
Le foglie sono ovali, hanno una sottile peluria sulle nervature, sono lucide su entrambe le facce, ma sono più chiare nella pagina inferiore, hanno margine ondulato, ciliato quando sono giovani. Sul ramo si dispongono in modo alterno. In autunno assumono colori dal giallo-arancio al rosso-bruno. Vengono anche usate come foraggio dove i pascoli sono scarsi.

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Fraxinus (Frassino)

Fraxinus L., 1753 è un genere di piante spermatofite, dicotiledoni appartenenti alla famiglia delle Oleaceae[1] che comprende oltre 60 specie di alberi o arbusti a foglie decidue, originarie delle zone temperate dell’emisfero settentrionale. Fraxinus è anche l’unico genere della tribù Fraxininae (Vent.) Wallander & V. Albert, 2000.

Etimologia

Il nome del genere (Fraxinus) risale al latino classico usato già da Virgilio e in tempi più moderni dal botanico francese Joseph Pitton de Tournefort (Aix-en-Provence, 5 giugno 1656 – Parigi, 28 dicembre 1708); ma potrebbe discendere anche dal verbo greco “frassein” ( = assiepare). Il nome scientifico del genere è stato definito da Linneo (1707 – 1778), nella pubblicazione “Species Plantarum – 1057” del 1753; mentre il nome scientifico della sottotribù è stato definito dai botanici contemporanei Wallander e V. Albert nella pubblicazione “American Journal of Botany 87: 1827–1841. 2000.” del 2000.
Descrizione
Fraxinus ornus

Il portamento delle specie di questo genere è arboreo (raramente arbustivo). Alcune specie sono dioiche, androdioiche, poligame o normalmente ermafrodite. La forma biologica è fanerofita arborea (P scap), ossia sono piante legnose con portamento arboreo e gemme poste ad altezze dal suolo superiori ai due metri (fino a 30 – 40 metri della specie Fraxinus excelsior); ma sono presenti anche fanerofite cespugliose (P caesp) che sono piante perenni e legnose, con gemme svernanti poste ad un’altezza dal suolo maggiore di 30 cm con portamento cespuglioso.
Le foglie lungo il caule sono disposte in modo opposto, sono decidue (raramente sempreverdi), sono picciolate e prive di stipole. La lamina è a forma pennata (imparipennata fino a 15 segmenti o meno spesso trifogliata), raramente è semplice.
Le infiorescenze sono di tipo agglomerato o panicolato, sia ascellare che terminale. Sono presenti delle brattee da lineari a lanceolate.
I fiori sono ermafroditi (o anche unisessuali), attinomorfi e tetraciclici (ossia formati da 4 verticilli: calice– corolla – androceo – gineceo) e tetrameri (ogni verticillo ha 4 elementi). In questi fiori a volte il calice o la corolla può essere mancante (sono allora fiori “nudi”).

Formula fiorale. Per la famiglia di queste piante viene indicata la seguente formula fiorale:

* K (4), [C (4), A 2], G (2), supero, samara.

Il calice è assente oppure ha una forma campanulata e termina con più o meno 4 lobi.

La corolla è assente oppure ha 2 – 4 petali quasi liberi (saldati solamente alla base). Il colore dei petali in genere è bianco o giallastro.

L’androceo è formato da 2 stami (raramente 4) ipogini (adnati all’ovario). I filamenti sono brevi e sporgono all’antesi. Le antere sono formate da due teche con deiscenza longitudinale. Il polline è tricolpato.

Il gineceo è bicarpellato (sincarpico – formato dall’unione di due carpelli) ed ha un ovario supero, biloculare con due ovuli penduli per loculo. Lo stilo è unico, breve e termina con due stigmi.

Il frutto è una samara appiattita con un’unica ala terminale (allungata nella direzione apicale) e contenente un seme a forma ovale-oblunga. L’endosperma è carnoso.

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Gleditsia

Gleditsia L., 1753 è un genere di piante della famiglia delle Fabacee (o Leguminose) che comprende alberi diffusi nelle regioni temperate e subtropicali delle due Americhe e anche in parte dell’Asia e dell’Africa.

Il nome fu scelto da Linneo in onore del botanico tedesco Johann Gottlieb Gleditsch.

Descrizione
Spine di Gleditsia sinensis

La maggior parte delle specie di Gleditsia presentano vistose spine ramificate sul tronco.

Gleditsia triacanthos, nota come spino di Giuda, è presente anche in Italia, dove non è indigena, ma si è naturalizzata in alcune località, molto coltivata come specie ornamentale

Il genere Gleditsia comprende le seguenti specie:

Gleditsia amorphoides (Griseb.) Taub.
Gleditsia aquatica Marshall
Gleditsia assamica Bor
Gleditsia australis F.B.Forbes & Hemsl.
Gleditsia caspia Desf.
Gleditsia delavayi Franch.
Gleditsia fera (Lour.) Merr.
Gleditsia ferox Desf.
Gleditsia japonica Miq.
Gleditsia macracantha Desf.
Gleditsia microphylla Isely
Gleditsia pachycarpa Gagnep.
Gleditsia sinensis Lam.
Gleditsia texana Sarg.
Gleditsia triacanthos

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Juglans

Juglans è un genere di piante, angiosperme dicotiledoni, appartenente alla famiglia delle Juglandaceae, comunemente note con il nome generico di noci.

Il nome del genere deriva dal latino Iovis glans (ghianda di Giove).

La specie più conosciuta è Juglans regia, noto come noce da frutto o noce bianco. Quest’ultimo è la principale specie da cui viene prodotto l’omonimo frutto commestibile.

Caratteristiche generali
Le Juglans sono alberi di grande taglia, con altezze comprese tra 10 e 40 metri. Le foglie sono alterne e imparipennate. Le piante sono monoiche a sessi separati, con impollinazione anemofila. Sono alberi caducifoglie e latifoglie, con altezza compresa tra 10 e 40 metri, hanno foglie pennate lunghe 200-900 mm, con 5-25 foglioline. I fiori maschili sono raggruppati in spighe che comprendono fino a 36 stami. I fiori femminili (pistilli) sono riuniti a gruppi di 2-4, con uno stigma. Il frutto è una drupa indeiscente a endocarpo sclerificato, contenente un solo seme con cotiledoni sviluppati e ricchi in materia grassa, chiamato noce.

Distribuzione

L’areale naturale comprende l’America Settentrionale e Meridionale, l’Asia e l’Europa centrale e meridionale.
Legname

Il noce è tra i legni più pregiati al mondo, particolarmente apprezzato per la sua resistenza e durezza, si presenta bruno con tendenza a scurirsi. Il noce europeo (Juglans regia), chiamato “noce nazionale” è assolutamente il più pregiato, in particolare la parte della radice ossia la “radica di noce”.

Il noce viene principalmente impiegato in falegnameria fine, mobili di prestigio, piccola carpenteria, porte, impiallacciature di varia tipologia, battiscopa, coprifili e inoltre per piccoli oggetti e sculture in legno.

Nei legnami truciolari melaminici, il colore standard “noce” indica una stampa della copertura melaminica abbastanza scura, prossima al mogano.

Da notare che un tipo di legno comunemente trovato in commercio chiamato “noce Tanganica”, (conosciuto anche come Aningre o Aniegre) non ha niente a che vedere con il genere Juglans, in quanto ricavato da una pianta delle Sapotaceae del genere Pouteria chiamata Aningeria altissima (o anche Aningeria robusta o Aningeria superba) che cresce nelle foreste umide della fascia equatoriale africana dalla Costa d’Avorio al Kenya. La struttura si presenta con fibratura diritta e tessitura fine, ma il colore è più biondo/rossastro rispetto al noce nazionale. Di peso e durezza medi, scarsamente elastico, risulta abbastanza agevole da lavorare a patto però che l’operatore si riveli esperto, se scurito può essere abbinato a noce nazionale.

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Koelreuteria

La koelreuteria (Koelreuteria paniculata Laxm.), detto anche albero delle lanterne cinesi per la forma dei frutti, è una pianta della famiglia delle Sapindacee, originaria di Cina, Corea, Giappone
Descrizione

È un albero caducifoglio che non raggiunge grandi altezze (solitamente non più di 12 m).
Foglie

Le foglie sono pennate, con 7-17 foglioline dentate o lobate, di lunghezza complessiva superiore a 45 cm, che diventano gialle in autunno.
Fiori

I fiori sono piccoli (circa 1 cm di diametro), compaiono circa a giugno; di colore giallo, sono raccolti in pannocchie piramidali.
Frutti

Inconfondibili, sono delle vescichette a forma di cuore, appuntite, lunghe 4–5 cm, di colore giallo-bruno, che contengono semi neri
Coltivazione

Ampiamente coltivato in Europa meridionale come pianta ornamentale

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Laburnum

Il maggiociondolo (Laburnum anagyroides Medik., 1787) è un piccolo albero caducifoglio (alto dai 4 ai 6 metri), appartenente alla famiglia delle Fabaceae. Il nome volgare allude ai fiori a grappoli pendenti che, in maggio, ciondolano.
Descrizione

Ha portamento arbustivo, la corteccia è liscia, con rami espansi verdi scuri e ramoscelli penduli e pubescenti. Le foglie (composte da tre foglioline) hanno un lungo picciolo, glabre superiormente e pelose inferiormente. I fiori sono di colore giallo oro, molto profumati, sono raggruppati in lunghi racemi penduli (fino a 25 cm) e fioriscono tipicamente in maggio.

I frutti sono legumi dai numerosi semi neri contenenti citisina (un alcaloide), estremamente velenosi (per l’uomo, ma anche per capre e cavalli) specie se immaturi. Alcuni animali selvatici tuttavia (come lepri, conigli e cervi) se ne possono cibare senza problemi, e per questo in alcune regioni è ritenuta una pianta magica.

Il legno è duro e pesante, di colore giallo/bruno, ottimo per pali, lavori al tornio e come combustibile. In passato – ma anche oggi nelle rievocazioni storiche – era utilizzato come ottimo legno per la costruzione degli archi.
Distribuzione e habitat
(Europa meridionale): dalla Francia sud-orientale alle Alpi, Appennini e Penisola balcanica. Vegeta e fiorisce in habitat temperati e moderatamente umidi, specialmente in terreni calcarei, spesso associato a boschi di carpino nero (Ostrya carpinifolia).

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Liquidambar

Liquidambar è un genere delle Altingiacee (in precedenza attribuito alle Amamelidiacee), con alcune specie di alberi alti da 8 a 25 m, originari del Nord America e coltivati in Italia nelle località a clima mite come piante ornamentali, dalle foglie simili agli aceri.

Il nome significa “ambra liquida” e infatti incidendo queste piante sgorga una resina.
Tassonomia
Secondo il sistema Cronquist il genere Liquidambar appartiene alla famiglia delle Amamelidiacee, dell’ordine delle Sassifragali.
La più recente classificazione filogenetica attribuisce il genere alla famiglia delle Altingiacee.

Le specie di Liquidambar più conosciute sono:

Liquidambar chinensis;
Liquidambar formosana;
Liquidambar macrophylla
Liquidambar orientalis;
Liquidambar peregrina;
Liquidambar styraciflua.

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Liriodendron (Albero dei tulipani)

Il liriodendro o albero dei Tulipani (Liriodendron, L.) è un genere delle Magnoliaceae che comprende alberi di notevoli dimensioni (il liriodendrum tulipifera supera a volte i 30 m di altezza) con fiori a coppa simili esteriormente a quelli del tulipano.

Un esemplare di Liriodendrum tulipifera situato nel parco di Villa Besana a Sirtori in provincia di Lecco è uno tra i 10 alberi più alti d’Italia, raggiungendo i 52 metri d’altezza (come un palazzo di 17 piani). Il liriodendro di Besana si trova all’ottavo posto, mentre l’albero più alto d’Italia è una duglasia che si trova in Toscana e raggiunge circa 63m
Distribuzione

Cresce nel Nordamerica orientale e in Asia, segnatamente in Cina. Il Liriodendro cresceva anche in Europa prima delle glaciazioni.
Descrizione

Le foglie hanno una speciale forma quadrata lobata con apici, sono decidue, in autunno diventano giallo crema. I fiori grandi sono di un verde molto pallido e compaiono in giugno-luglio. I frutti secchi, lunghi 6-7 cm, ricordano delle pigne strette e piccole.
Uso ornamentale

Viene piantato come albero ornamentale, anche in climi freddi (in Europa fino alla Norvegia).

Il particolare aspetto delle foglie, dei fiori e della coloritura autunnale consigliano il suo inserimento in un giardino in posizione centrale.
Specie

Il genere Liriodendron comprende due specie:

Liriodendron chinense (Hemsl.) Sarg.
Liriodendron tulipifera L.

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Magnolia Malus (Melo da fiore)

Magnolia L. è un genere di piante della famiglia delle Magnoliaceae. Comprende oltre 80 specie, arboree e arbustive, a lento accrescimento, ma che in alcune specie come la Magnolia campbellii e la Magnolia officinalis possono superare i 20 m di altezza, caratterizzate da interessanti fioriture, originarie del Nord e Centro America, dell’Asia e dell’Himalaya.
Storia

Viene considerato dai botanici un fiore primitivo, tanto che erroneamente per molto tempo si è ritenuto che le Magnoliaceae fossero state le prime Angiosperme apparse sulla terra (il fossile più antico di questa famiglia risale a 95 milioni di anni fa). Il nome del genere è stato attribuito da Charles Plumier, in onore di Pierre Magnol (Montpellier, 1638-1715) medico e botanico francese, direttore del giardino botanico di Montpellier, che introdusse la nozione di famiglia nella classificazione botanica.
Descrizione

Le Magnolia hanno foglie alterne, ovali o ellittiche, generalmente grandi e coriacee, perenni sempreverdi o decidue, fiori solitari e molto grandi, generalmente a forma di coppa, con perianzio formato da 6-9 petali petaloidi (petali e sepali indifferenziati) di vari colori a seconda delle specie, gli stami numerosi sono lamellari, i carpelli sono disposti a cono sul ricettacolo. I frutti ovoidali in infruttescenze conoidi, contengono dei semi lucidi rossastri o arancio.
Specie coltivate

Le specie più conosciute in Italia come piante ornamentali sono:

La Magnolia precia originaria dell’Asia orientale, dai fiori bianchi e profumati a fogliame caduco.
La Magnolia glauca originaria dell’America con fiori a forma di tulipano di colore bianco-crema, profumati, dalla fioritura estiva.
La Magnolia grandiflora dai fiori bianchi e profumati a fogliame coriaceo persistente sempreverde, originaria del sud-est degli Stati Uniti.

Arbusti

La Magnolia liliiflora arbusto con foglie decidue, alto fino a 3 m, con fiori profumati, aperti di colore bianco-rosato internamente, rosso-porpora all’esterno.
La Magnolia stellata originaria dell’Asia orientale, arbusto dallo sviluppo limitato alto fino a 5 m, foglie decidue, fiori bianchi e profumati con petali aperti e sottili di aspetto leggero. La Magnolia stellata esiste anche nella varietà a fiore rosa: Magnolia stellata var. Leonard Messel, ha lo stesso sviluppo della varietà a fiore bianco in più è profumatissima. Le Magnolie stellate sono adatte ad essere utilizzate nelle siepi anche miste e a portamento spontaneo, anche se ne esistono degli esemplari alti anche 5 metri di regola non arrivano a 300 cm.
La Magnolia soulangeana, pianta a foglia caduca, di altezza imponente: in base alle varietà arriva fino ai 6 metri e più. La fioritura è abbondante e limitata alla primavera.
Sono note le seguenti varietà:
M. solangeana var. alba superba definita da molti coltivatori anche M. soulangeana julan: ha fiori bianco puro e di grandi dimensioni, foglie verde chiaro che raggiungono le dimensioni di 14 cm e larghe 10 cm.
M. solangeana var. soulangeana: stesse caratteristiche della precedente, si diversifica solo per il colore del fiore: bianco rosato.
M. solangeana var. satisfaction: nuova varietà introdotta dagli olandesi, fiori poco più piccoli, petalo interno di colore rosa chiaro e petalo esterno di colore rosa carico.
M. solangeana denutada var. yellow river: nuova varietà introdotta dagli olandesi, fiori generalmente poco più piccoli rispetto alle classiche soulangeane; la sua caratteristica consiste nel colore: giallo.
M. solangeana var.red lucky: stupendo calice sfondo rosa chiaro con striature di rosa carico che partono dalla base del fiore e sfumano nel salire.

Diffusa in parchi e giardini come piante isolate gruppi e siepi, può essere coltivata in vaso sui terrazzi, per il portamento e le copiose fioriture primaverili o estive.

Il legno chiaro e facile da lavorare viene molto apprezzato per lavori di falegnameria.

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Morus (Gelso)

Il gelso bianco o moro bianco (Morus alba L.) è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Moraceae e al genere Morus, contenente latice, originario della Cina settentrionale e della Corea.
Portamento

Il gelso bianco è un albero caducifoglie e latifoglie, ad accrescimento piuttosto rapido, è longevo e può diventare secolare, alto fino a 15–20 metri, con tronco che si presenta irregolarmente ramificato, chioma densa, ampia e arrotondata verso la sommità. Presenta radici di colore aranciato carico, robuste, profonde ed espanse, poco adatte a terreni secchi e aridi, pur presentando un fitto capillarizio che gli consente di sopravvivere anche in condizioni di moderata siccità. Vegeta in luoghi soleggiati o al massimo a mezz’ombra, e necessita di ampio spazio in quanto raggiunge notevoli dimensioni.Allo stato naturale e se non capitozzato può vivere fino a 300 anni e più .
Corteccia e legno

La corteccia è giallo-grigiastra con toni più o meno aranciati e cosparsa di numerose lenticelle giallino-biancastre nella pianta giovane, in seguito diviene marrone-brunastro scura, profondamente solcata e screpolata in fasci fibrosi più o meno verticali formanti piccole scaglie allungate. Il legno è duro, compatto, resistente e robusto, ottimo come combustibile e per piccoli lavori d’intarsio. Il durame è bruno scuro, mentre l’alburno è chiaro e di colore bianco-giallastro. Particolarità del gelso bianco è l’avere il cambio cribro-vascolare attaccato alla corteccia, e non all’alburno, come nella stragrande maggioranza delle piante vascolari, e questo ha particolare interesse soprattutto per quanto riguarda le tecniche d’innesto. Tutta la pianta è percorsa, al disotto dei tessuti di rivestimento (corteccia, derma fogliare ecc…), da una fitta rete di canali laticiferi apociziali, ossia formati a partire da poche cellule originarie embrionali polinucleate senza membrane divisorie, che si sono sviluppate e accresciute e ramificate per tutta la pianta, pur non anastomizzandosi con i tessuti circostanti formando un vero e proprio apparato escretore interno. Il lattice, elemento molto comune nella famiglia delle Moracee di cui il gelso bianco fa parte, contenuto nei canali laticiferi è denso e di colore bianco latte ed è irritante. I succhi intracellulari e le foglie contengono elevate quantità di alluminio, variabile in base alla tipologia di terreno in cui un singolo esemplare sviluppa, e vi è motivo di credere che esso non rappresenti un costituente casuale, ma abbia importanza nel chimismo della pianta. Il legno presenta, inoltre, varie molecole come fitoalessine e composti organici ad alto peso molecolare, e trova uso come reagente per la rilevazione chimica di numerosi cationi.
Foglie

Le foglie si presentano caduche, alterne, distiche, portate da un picciolo scanalato e ornato da piccole stipole laterali caduche. Presentano un elevato polimorfismo, generalmente hanno forma ovato-acuta asimmetrica alla base, ma non di rado sono cuoriformi e in forme intermedie tra le due appena citate. La lunghezza varia dai 7 ai 14 cm e la larghezza è compresa tra i 4 e i 6 cm. La lamina si presenta intera, trilobata nelle foglie tripartite dei polloni basali. I margini sono dentato-seghettati (dentatura triangolare), l’apice acuto e la base leggermente cordata. Entrambe le pagine (superiore ed inferiore) si presentano glabre (senza peluria), di colore verde chiaro in primavera-estate e giallo carico in autunno. Quella superiore è lucida e liscia, quella inferiore scarsamente tomentosa sulle nervature. Il picciolo, leggermente tomentoso, è lungo 2-3 centimetri e presenta scanalature e stipole caduche. Le gemme sono piccole, larghe alla base ed appuntite all’apice, ognuna di esse è formata da 13 a 24 perule e nel fusticino da 5 a 12 foglioline. I giovani sono grigio-verdi, di aspetto liscio e con lunghi internodi, anche se non di rado presentano una fine tomentosità.
Fiori
Foglie e frutti immaturi di gelso bianco. L’intero frutto è in realtà un’infruttescenza (sorosio) formata da un frutto vero rivestito da un falso frutto, la polpa, che deriva da una parte del calice fiorale ingrossata e divenuta carnosa

I fiori unisessuali sono raramente ermafroditi. Quelli maschili (staminiferi) formano infiorescenze ad amento di forma cilindrica lunghe circa 2-3,5 cm, sono dotati di perianzio quadripartito segmentato e 4 stami producenti polline con filamenti inflessi nel bocciolo immaturo ed eretti durante l’antesi. È presente anche un rudimentale pistillo sterile. Quelli femminili (pistilliferi) si presentano come amenti globosi lunghi 1–2 cm, dotati di perianzio a quattro lacinie glabre erette, opposte a due a due (le esterne di dimensioni maggiori), e pistillo con ovario uniovulato. Lo stigma è glabro. L’ovario si presenta diviso in 2 parti, una delle quali abortisce (pistillo uniovulato), contenenti ciascuna un solo ovulo pendulo campilotropo; lo stilo centrale è diviso fin quasi alla base in due lobi stimmatici ricurvi e l’embrione che si forma a seguito della fecondazione si presenta curvo e accompagnato da albume carnoso, con cotiledoni incombenti e radichetta supera.

Solitamente i due fiori di diverso sesso sono portati da piante separate, cioè piante dioiche, anche se non sono rari i casi di esemplari con ambedue le infiorescenze sulla stessa pianta. Il Morus alba fiorisce in aprile-maggio. Entrambe le infiorescenze sono peduncolate (il fiore femminile presenta peduncolo lungo quanto se stesso) e a prima vista, specie se immaturi, assomigliano a tanti piccoli lamponi verdi di diversa lunghezza. Possono anche fiorire in capolini diclini ascellari. Unica nel regno vegetale è la velocità di emissione di polline dalle infiorescenze maschili, i cui stami, tramite un rapido movimento, liberano polline espellendolo a circa 560 km/h (oltre la metà della velocità del suono), rilasciando l’energia elastica accumulata durante la crescita in soli 25 µs (microsecondi), il che lo rende il movimento più veloce e rapido conosciuto finora nel regno vegetale.
Frutti

I frutti, chiamati impropriamente more di gelso, sono infruttescenze composte formate dall’unione di un frutto vero e proprio, le nucule, e un falso frutto, che costituisce la polpa. Il nome corretto di questa infruttescenza è sorosio (botanicamente un falso frutto) e somiglia ad un piccolo lampone o ad una mora di rovo, ma è più grosso ed allungato. I sorosi hanno forma ovato-arrotondata e lunghezza da 1 a 3 cm. Sono costituiti da tante piccole sferule carnose unite tra loro, formate a loro volta da una nucula (frutto vero) ricoperta da un rivestimento polposo, derivato direttamente dal perianzio modificato del fiore femminile che l’ha originata (falso frutto). Queste sferule si fondono tra loro grazie ai rispettivi perianzi che, tramite complesse modifiche fisiologiche, divengono un’unica massa carnosa e succulenta che circonda tutte le varie nucule, formando il sorosio. Queste piccole unità carnose sono false pseudodrupe, hanno forma rotondeggiante (sferica) schiacciata ai bordi e presentano esocarpo sottile, mesocarpo carnoso e succulento ed endocarpo crostoso. Ognuna contiene un piccolo frutto vero, la nucula, dal guscio duro, coriaceo e legnoso e forma rotonda. Il perianzio modificato serve a potenziare la disseminazione dei semi, essendo molto appetito dagli uccelli, che cibandosi dei sorosi assumono anche le nucule contenenti i semi, che poi disperderanno con le feci.

Il colore dei sorosi di Morus alba è bianco-giallognolo o rosa-violetto (può esserci confusione con quelle di Morus nigra), e sono portati da un breve picciolo. Sono commestibili, la polpa è dolciastra con punte acidule già prima della maturazione, sebbene siano meno gustosi di quelli del gelso nero. Contengono il 22% di zuccheri, e hanno potere edulcorante, sia freschi che ridotti in farina. Una volta fermentati ci si può ottenere un liquore alcolico. I semi sono piccoli, sferici e sono diffusi principalmente dagli uccelli, che si cibano dei sorosi. In Italia e in Europa meridionale il gelso bianco ha trovato un habitat ideale, idoneo alla sua crescita e sviluppo, e in molte zone conclude il ciclo riproduttivo (messa a seme) senza particolari problemi, riproducendosi e moltiplicandosi spontaneamente per seme che, a differenza di molte piante esotiche o importate, non mostra alcun problema di sterilità o difficoltà di germinazione, dimostrando l’ampia adattabilità e naturalizzazione di questa specie.

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Parrotia

Questa specie è elencata come minacciata dalla IUCN (sotto il suo antico nome di Shaniodendron subaequale, che non è più un nome accettato per la specie). P. subaequalis è anche considerato in pericolo di estinzione (pianta selvatica protetta chiave di grado I) nel China Red Data Book, con una gamma di distribuzione molto ristretta. Le cinque popolazioni relitte conosciute di P. subaequalis comprendono non più di 100 individui riproduttivi. Pertanto, questa specie ha un’alta priorità di conservazione.
Descrizione

Parrotia persica cresce a 30 m (98 ft) e alto 8–15 m (26–49 ft) largo, con un tronco fino a 150 cm (59 in) di diametro. La corteccia è liscia, desquamata-marrone-rosata / desquamazione per lasciare macchie di cannella, rosa, verde e giallo pallido in modo simile ai platani . Le foglie sono alternate, ovoidali, spesso leggermente pendenti, 6–15 cm (2–6 in) e lungo 4–10 cm (2–4 in), con margini ondulati; sono di colore verde lucido, trasformando un ricco viola in rosso brillante in autunno.

I fiori sono in qualche modo simili ai fiori di amamelide ma rosso scuro; sono anche prodotti alla fine dell’inverno su steli nudi, ma differiscono per avere solo quattro sepali arrotondati senza petali; gli stami sono tuttavia abbastanza evidenti, formando un denso grappolo rosso 3–4 mm (0,12–0,16 in). Il frutto è una capsula a due parti contenente due semi, uno per ogni metà.

La ricchezza della flora iraniana e la varietà della sua vegetazione derivano dalla varietà e dalla ricchezza delle sue condizioni fisico-geografiche e storico-storiche e dalla sua storia composta influenzata dalle remote regioni fioriste.

Generi relitti del periodo terziario si trovano frequentemente in tutte le zone del nord dell’Iran, in particolare a Talysh. Sono l’albero di ferro persiano (Parrotia persica), l’acacia di Lenkoran (Albizia julibrissin), il cesto di quercia (Quercus castaneifolia), il cachi caucasico (Diospyros lotus), l’arbusto sempreverde Ruscus hyrcana, l’albero di scatola (Buxus hyrcana), ecc. . Esistono 240 specie endemiche di piante nell’Iran nord-occidentale e nell’Azerbaigian sud-orientale.
Coltivazione

P. persica è coltivato come un albero ornamentale per il suo brillante colore autunnale e la corteccia liscia e modellata. Essendo un albero da giardino raro e tollerante alla siccità di dimensioni moderate, è apprezzato per il suo sorprendente colore autunnale e la corteccia esfoliante che si sviluppa su esemplari maturi.

Diverse cultivar sono state selezionate per la semina del giardino:

‘Horizontalis’: modello di ramificazione orizzontale semi-piangente e ad ampia diffusione.
‘Pendula’ (Kew Form): compatto, piangente, abbastanza aggraziato
‘Seleziona’: le foglie giovani hanno margini viola, altrimenti uguali alle specie
‘Vanessa’: verticale, portamento colonnare

“Vanessa” ha vinto il premio di merito al giardino della Royal Horticultural Society.

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Platanus (Platano)

Platanus occidentalis L., noto anche come platano occidentale, o platano americano, è una pianta appartenente alla famiglia delle Platanaceae, originaria del Nord America. In Nord America è chiamato anche sycamore, “sicomoro”, un nome comune che, in altre parti del mondo, si riferisce a un tipo diverso di piante.
Morfologia

Si tratta di un grande albero che raggiunge facilmente i 30–40 m di altezza. Il fusto è diritto, slanciato, cilindrico. Il diametro del tronco si aggira in genere sui 2 m, ma può superare i 4 m. Il legno è bruno-rosato a porosità diffusa, con una grana marcata e tenace.
Corteccia

Il ritidoma di questo albero è molto caratteristico, esso si sfalda tipicamente in grandi placche irregolari, grigio marroncine. La caduta delle placche lascia vedere la superficie sottostante, che è di un colore verde che in breve muta in un bianco intenso. Il tronco appare così chiazzato di questi quattro colori. La spiegazione a questo fenomeno sta nella rigidità dei tessuti della corteccia, che sono incapaci di assecondare la crescita del legno sottostante.
Foglie

Le foglie sono alterne, semplici, lunghe 12–22 cm, più larghe che lunghe, palminervie e lobate. I lobi sono da 3 o 5 e sono poco pronunciati e i seni tra di essi sono molto aperti. La base della foglia è troncata con le nervature primarie che partono dal lembo fogliare. Le foglie nascono ripiegate con i bordi laterali combacianti e leggermente tomentose. Le foglie pienamente sviluppate sono di un colore verde molto chiaro.

Il picciolo è lungo e alla base di esso sono presenti delle stipole presto caduche. La base del picciolo come in quasi tutti i platani è dilatata (mitriforme) tanto da inglobare la gemma ascellare. È una pianta caducifoglia.
Fiori

I fiori sono molto piccoli, unisessuali, raccolti in un capolino globulare generalmente portato singolo su un lungo peduncolo (in alcuni casi i capolini possono essere 2). È una pianta monoica e i fiori di differente sesso sono portati su differenti peduncoli. I capolini maschili sono di colore rosso scuro, e quelli femminili verde chiaro con punti rossi. I fiori maschili hanno 4-6 stami, quelli femminili 3-8 carpelli, e uguale numero di sepali e petali. Le antere sono allungate e si aprono lateralmente. L’ovario è supero, mono o biovulare, di forma ovato-oblonga. Alla base dell’ovario sono presenti peli chiari. Lo stilo è lungo e rosso e ricurvo. L’impollinazione è ad opera del vento.
Frutti

I frutti sono degli acheni riuniti in infruttescenze globose e pendule. Ogni achenio ha la porzione apicale rotondeggiante e concava, sormontata da un breve stilo. La maturazione avviene nello stesso anno della fioritura.
Distribuzione e habitat

Il platano occidentale è originario degli Stati Uniti e del Canada, con un areale che si estende dagli stati che si affacciano sull’Atlantico fino alle Grandi pianure e dall’Ontario al Texas. Si trova su terreni molto umidi o anche paludosi. Nelle vallate dei fiumi Ohio e Mississippi vi sono gli esemplari più imponenti. In America è coltivato per ricavarne legname da usare per ebanisteria e per farne mobili. È coltivato anche in Argentina e in Australia.

Fu importato in Europa nel 1636, ma non è stato mai considerato di grande interesse economico ed è poco coltivato anche come ornamentale.

Proprio in Europa però, si ritiene che abbia dato origine, tramite incrocio spontaneo con Platanus orientalis, al ben più importante Platanus acerifolia.

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Populus (Pioppo)

Il pioppo (Populus Linnaeus, 1753) è un genere di piante arboree della famiglia Salicaceae che comprende una trentina di specie, originarie perlopiù dell’emisfero settentrionale.
Etimologia

Populus è voce latina (pōpulus, distinto da pŏpulus, “popolo” per via della differente vocale). Una paretimologia comune, già attestata presso gli antichi, lo associa in effetti al popolo (il pioppo come “albero del popolo”). In realtà l’etimo è differente e non ben conosciuto, probabilmente facente parte del sostrato mediterraneo (cfr. greco ἀπελλόν apellón, “pioppo nero”). La parola italiana pioppo deriva da una forma latina volgare o medievale (XII secolo) *ploppus, da cui anche l’emiliano fioppa, l’italiano meridionale chiuppo, il rumeno plop, lo spagnolo chopo e il portoghese choupo, passata anche nel greco di Calabria plûppos (bovese pluppo, fluppo), nell’irlandese pobhuil, nell’albanese plepi, nel tedesco Pappel, nell’antico slavo тополь topolĭ, da cui il meglenorumeno topolǎ e il greco moderno τοπόλι topóli. La forma classica pōpulus è riconoscibile nel veneto povolo.
Caratteristiche generali

L’altezza dei pioppi va dai 15 ai 30 metri e oltre, con fusti che possono superare i 2,5 metri di circonferenza.

La corteccia degli individui giovani è liscia, con colorazioni che vanno dal bianco al verdastro al grigio scuro, spesso ricco di lenticelle; sugli esemplari più vecchi, diviene generalmente rugosa e profondamente fessurata.

I germogli sono robusti e sono presenti le gemme apicali (contrariamente ai “cugini” salici). Le foglie sono disposte a spirale e la loro forma varia da triangolare a circolare o, più raramente, lobata, con lunghi piccioli.

Nelle specie comprese nelle sezioni Populus e Aegiros i piccioli sono appiattiti, sicché il vento può facilmente muovere le foglie dando l’impressione che l’albero “tremi”. Le dimensioni delle foglie variano facilmente da individuo a individuo e spesso cambiano colore in autunno diventando gialle o oro.

Si tratta di piante solitamente dioiche, anche se alcune specie sono monoiche; le piante femminili e maschili sono facilmente distinguibili: le prime hanno rami grandi, chiome voluminose e grosse gemme, mentre le altre sono più slanciate e hanno gemme più piccole ma più numerose; queste notevole diversità ha fatto sì che in passato i sessi venissero erroneamente classificati come due specie diverse.

L’età riproduttiva comincia a 10-15 anni. I fiori compaiono all’inizio della primavera e prima delle foglie e sono raccolte in infiorescenze ad amento allungati, pendenti, sessili o peduncolate. Quelli maschili sono più corti e tozzi e compaiono prima di quelli femminili che hanno spighe più lunghe e più pendenti. I frutti sono costituiti da capsule, verdi o bruno-rossicci, e maturano tra metà primavera e metà estate. Contengono numerosi piccoli semi marroncini che poi vengono dispersi dal vento tramite una sorta di pappo (da cui il nome anglosassone di cottontree “albero del cotone”).

I pioppi della sezione Aegiros sono diffusi negli ambienti umidi e nelle zone ripariali. Quelli della sezione Populus sono probabilmente le latifoglie più diffuse nell’emisfero boreale.
Usi
Il pioppo è l’albero più usato nell’industria cartaria per le sue caratteristiche, quali la flessibilità e la leggera qualità.

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Prunus

Prunus L., 1753 è un genere di piante della famiglia delle Rosacee, unico genere della sottofamiglia delle Prunoidee; viene diviso in alcuni sottogeneri, Amygdalus, Prunus, Cerasus, Padus, Laurocerasus. Comprende oltre 200 specie, originarie delle zone temperate dell’emisfero settentrionale, arboree e arbustive a fogliame persistente o deciduo, alte fino a 6 m, solitamente con fruttificazione edule e fioriture delicate.

Il nome del genere deriva dal nome latino dato ad alcune specie del genere. Le specie di Prunus hanno generalmente foglie alterne, semplici, fiori bianchi o rosa riuniti in racemi o corimbi; il frutto è una drupa, con pericarpo carnoso e endocarpo legnoso.

Le specie spontanee in Italia sono 16, tra cui citiamo il P. cocomilia diffuso nell’Italia meridionale e Sicilia, a fiori bianchi, il P. mahaleb noto col nome di ciliegio canino e il Prunus spinosa, noto anche come prugnolo, spontaneo in tutt’Italia.

Tra le specie rinselvatichite, ornamentali, o che interessano l’arboricoltura da frutto per la produzione di frutta per il consumo fresco o la conservazione e trasformazione industriale, citiamo: il P. campanulata a fiori penduli, il Prunus tomentosa (Ciliegio di Nanchino), il P. avium o ciliegio dai fiori colorati di bianco-rosa, il P. serrulata dai fiori colorati di bianco con screziature rosa, il P. subhirtella var. pendula a fruttificazione edule, e le notissime e numerose varietà di piante da frutta come il susino, l’albicocco, il mandorlo, il pesco, il ciliegio, il lauroceraso; tra le piante ornamentali, ricordiamo il gruppo dei ciliegi giapponesi, come il P. serrulata, il P. subhirtella, il P. grayana, il pesco cinese il P. davidiana, l’albicocco della Manciuria, il P. mandshurica, e altre specie esotiche come il P. chinensis, il P. japonica e il P. triloba, tutte piante arbustive di modeste dimensioni con lunghi rami ricoperti da numerosi fiori doppi, di colore bianco o rosato.
La fioritura in marzo

Tra le specie ornamentali sempreverdi citiamo:

il P. laurocerasus volgarmente noto col nome di lauroceraso, originario dell’Asia occidentale, introdotto in Italia nel 1550, arbusto o alberetto, alto fino a 6 m, con foglie obovato-lanceolate, coriacee, di colore verde-scuro lucente, che in primavera portano all’ascella dei fiori bianchi riuniti in racemi, con frutti ovali nerastri simili ad olive a maturazione autunnale;
il P. ilicifolia originario della California, pianta poco rustica, sensibile alle basse temperature, coltivata nel meridione d’Italia.

Tra le specie ornamentali a foglie caduche, ricordiamo:

il P. avium var. florepleno, specie arborea, noto come ciliegio giapponese, di origine oriticola, che porta grandi fiori penduli, colorati di rosa-chiaro, riuniti in mazzetti;
il P. serrulata, chiamato sakura in lingua giapponese, un tipo di ciliegio giapponese molto comune in tutto il Giappone;
il P. persica var. florepleno, noto col nome di pesco da fiore o pesco giapponese, che all’inizio della primavera prima della ripresa vegetativa, porta grossi fiori doppi, dai colori bianco, rosa e rosso-scuro;
il P. amygdalus var. pollardii, ibrido tra il pesco comune e il mandorlo, è una varietà molto precoce, con grandi fiori semplici di colore rosa-carico.

Tra le specie da frutto possiamo annoverare:

il Prunus persica (pesco);
il Prunus avium (ciliegio);
il Prunus cerasus (amarena);
il Prunus armeniaca (albicocco);
il Prunus dulcis (mandorlo);
il Prunus domestica (susino/prugno europeo);
il Prunus salicina (pruno cinogiapponese);
il Prunus cerasifera (mirabolano);

Tra le specie minori di interesse botanico si citano:

il Prunus mume;
il Prunus brigantina (albicocco di montagna, o di Briançon);
il Prunus cocomilia (prugno acido);
il Prunus mahaleb (ciliegio canino);
il Prunus serotina (ciliegio tardivo);

Uso

Il genere Prunus ha una grande varietà di piante ornamentali, per le delicate fioriture, come alberelli o siepi, nei parchi, viali, giardini, o in vaso sui terrazzi e molte specie presenti in natura. Ricordiamo il Prunus avium (ciliegio selvatico), il Prunus spinosa (prugnolo), il Prunus persica (pesco), il Prunus dulcis (mandorlo), Prunus armeniaca (albicocco), Prunus cerasus (amareno) e il Prunus laurocerasus (lauroceraso).
Viene usato industrialmente per la produzione forzata di rami fioriti.
Viene utilizzato per la produzione industriale di frutta come le ciliegie, le pesche, le susine, le albicocche, le mandorle e così via.
Le foglie di lauroceraso vengono dorate e argentate per essere utilizzate come addobbi mortuari.

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Pyrus Calleryana

Pyrus L., 1753 è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Rosaceae, comprendente specie arboree e arbustive con fioritura delicata e variamente colorata.
Descrizione

Sono alberi di medie dimensioni, che raggiungono i 10-17 metri. La maggior parte dei Pyrus sono decidui, ma una o due specie nell’Asia sud-orientale sono sempreverdi. Ne esistono sia di piccoli sia di grandi.

Le foglie sono lunghe circa 2-12 cm, di colore verde lucido in alcune specie, argenteo-pelose in altre; la forma delle foglie varia dall’ovale al lanceolato stretto.

I fiori sono di colore giallo o rosa bianco e raramente tinto, di diametro 2-4 cm e hanno cinque petali. Sbocciano fra aprile e maggio, fino ad una quota di 1.000 metri.

Il frutto si chiama pera; è grande come la mela, con diametro di 1-4 cm, ma in certe forme coltivate è lungo fino a 18 cm e largo 8.
Distribuzione e habitat
I peri sono nativi delle regioni temperate del vecchio Mondo, dall’Europa occidentale e dall’Africa del Nord fino all’Asia.
Gran parte delle specie tollerano il freddo polare, con temperature fra -25 °C e -40 °C in inverno, tranne le specie sempreverdi, che tollerano solo temperature fino a -15 °C.
Tassonomia

Al genere Pyrus appartengono otre 69 specie:.

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Chanticleer Quercus (Quercia)

Quercus (L., 1753) è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Fagacee, comprendente gli alberi comunemente chiamati querce.
Etimologia

La parola latina quercus, da cui l’omologa italiana quercia (toscano querce), risale a una forma aggettivale (arbor) quercea, mentre molti dialetti italiani hanno una forma *cerqua (presente anche in vari toponimi toscani). Il francese chêne risale invece al gallico cassǎnus[, l’italiano meridionale ha il tipo carrillo. Il greco presenta invece δρῦς drŷs “albero” e φήγος phḗgos “tipo di quercia”, applicati anche ad altre specie botaniche.
Descrizione
Bosco misto di farnia e carpino bianco (querco-carpineto – Parco naturale lombardo della Valle del Ticino)
Gustave Courbet (1843)

Il genere Quercus comprende molte specie di alberi spontanei in Italia. In molti casi il portamento è imponente anche se ci sono specie arbustive. Le foglie, alterne, sono talvolta lobate, talvolta dentate e sulla stessa pianta possono avere forme differenti, per la differenza del fogliame giovanile rispetto a quello adulto.

Le querce sono piante monoiche, ovvero la stessa pianta porta sia i fiori maschili che quelli femminili. I fiori maschili sono riuniti in amenti di colore giallo, quelli femminili sono di colore verde. Il frutto è la ghianda.
Una delle caratteristiche di alcune specie di querce decidue è che le foglie secche cadono alla fine dell’inverno e non in autunno
Distribuzione e habitat

L’areale del genere Quercus comprende buona parte dell’emisfero settentrionale, estendendosi dalla zona temperata a quella tropicale di America, Europa, Nord Africa e Asia.

In Europa durante l’ultima era glaciale le popolazioni di Quercus sono state confinate in tre zone rifugio situate in Spagna, in Italia e nei Balcani per poi ricolonizzare il territorio del continente europeo. Lo scienziato francese Antoine Kremer ha studiato, tramite il confronto dei dati genetici e dei dati palinologici dei pollini fossili delle due querce più diffuse in Europa, Quercus robur e Quercus petraea, le vie di colonizzazione intraprese dai vari lignaggi. I rilievi ed in particolare le Alpi hanno a volte rallentato o deviato l’avanzata ma la traiettoria sud-nord è resa costantemente visibile.

In questo modo le querce rifugiatesi nella penisola iberica e in Italia hanno colonizzato tutta la zona situata ad ovest lungo l’asse Tolosa-Colonia-Amsterdam, ed in maniera esclusiva le isole britanniche. Le querce rifugiatesi nei Balcani sono progredite verso l’Europa orientale e la Russia. Dall’analisi palinologica è emerso un dato sorprendente che riguarda la velocità di questa progressione: in media le querce sono avanzate di 380 m all’anno, con delle punte massime di 500 m all’anno in certi periodi.

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Robinia

Robinia L., 1753 è un genere di piante appartenenti alla famiglia delle Fabacee (o Leguminose) originarie del Nord America e del Gilgit-Baltistan
Tassonomia

Il genere Robinia comprende le seguenti specie:

Robinia elliottii (Chapm.) Ashe
Robinia hartwigii Koehne
Robinia hispida L.
Robinia luxurians (Dieck) Rydb.
Robinia margarettae Ashe
Robinia neomexicana A.Gray
Robinia pseudoacacia L.
Robinia viscosa Vent.

Robinie famose
Sulla piazza René-Viviani, quai de Montebello, si trova una robinia censita come il più vecchio albero di Parigi.

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Salix (Salice)

Il genere Salix L., 1753 appartiene alla famiglia delle Salicacee. Originario dell’Europa, Asia e Nord America, comprende circa 300 specie di alberi, arbusti e piante perenni legnose o fruticose, generalmente a foglia caduca; le specie arboree arrivano ai 20 metri di altezza.
Etimologia

Il latino salix, -icis risale a una radice indoeuropea con alternanza *səlik (in latino), *selik (nel greco ἑλίκη helíkē), *sol(i)k (nell’area germanica cfr. antico alto tedesco salaha, tedesco Salweide, anglosassone sealh); la voce latina è collegata anche con l’irlandese sail.

Nei dialetti italiani il nome della pianta è perlopiù derivato dall’accusativo salicem in forma sincopata salce (salice è un latinismo), con passaggio alla declinazione in -o (salcio) e spesso in forma femminile: abruzzese sàucia, laziale sarcia o sàucia, elbano salgo, pitiglianese la salce; il ligure ha il maschile saxo. In area romanza, da saliceus derivano il solandro salécia, il bolognese salìz, il francese saule, il provenzale saletz; dalla forma tarda *salicārius il catalano salguer, il portoghese salgueiro, lo spagnolo salguera, il veneziano salghèr, il friulano salgàr (cfr. i cognomi italianizzati Salgari e Saligari); da *salicum il rumeno sargǎ, il guascone saligo, ligo, lo spagnolo sarga.
Specie spontanee in Italia

Le specie spontanee della nostra flora sono poco più di 30, molte di difficile identificazione grazie alla notevole facilità con cui si formano ibridi con caratteristiche intermedie, tra le più note ricordiamo:

il S. alba L., noto volgarmente col nome di “Salice da coliche” o “Salice bianco”;
il S. caprea L., noto col nome di “Salicone” o “Salcio di montagna”;
il S. myrsinites L.
il S. helvetica Vill.
il S. herbacea L.

Salici bianchi in inverno – Filicaja – Montaione (FI)

il S. reticulata L.,
il S. retusa L.,
il S. purpurea L., chiamato volgarmente “Salice rosso” o “Brillo”
il S. cinerea L., chiamato volgarmente “salice cinerino”

Specie naturalizzate in Italia

Numerose specie esotiche si sono acclimatate in Italia:

il S. viminalis L.
il S. babylonica L., noto col nome comune di “Salice piangente”

Uso

Come pianta ornamentale nei giardini o per decorare grandi vasche, stagni e le rive dei corsi d’acqua.
I vinchi vengono impiegati in agricoltura per legare le viti, mentre i vincastri sono utilizzati per realizzare cesti, stuoie, oggetti vari.
Il legno bianco rosato, tenero, leggero, pieghevole, poco resistente, si presta per realizzare casse da imballaggio, attrezzi e sculture, per la produzione di truciolati e cellulosa, utilizzato come combustibile (apprezzato soprattutto nella fase di accensione) e per fornire un carbone per la preparazione della polvere pirica.
La corteccia di quasi tutte le specie contiene:
tannini che vengono utilizzati per la concia del pellame;
salicina (v. sotto).
Le foglie come foraggio per gli ovini.

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Sophora Sorbus (Sorbo)

Sorbus L. è un genere di piante della famiglia delle Rosacee.

Comprende alberi e arbusti che producono frutti simili, ma molto diversi per grandezza e anche per colore.

Dante Alighieri lo cita come frutto aspro, in contrapposizione al fico, che ha frutti dolci.
Descrizione
Fusto

A seconda della specie può essere un arbusto, un alberello o anche un albero alto fino a 12 metri. Ha la corteccia grigia con chiazze bianche; rami giovani pubescenti, poi glabri, bruno-rossicci.
Foglie

Le foglie sono alterne, picciolate, semplici o composte secondo la specie, spesso coriacee di forma da ellittica ad ovata con apice acuto e margini irregolarmente seghettati. In alcune specie hanno la pagina superiore color verde-scuro e quella inferiore color bianco-argenteo.
Fiori

Ha infiorescenze a corimbi eretti di 5–8 cm con fiori bianchi. Fiorisce a maggio-giugno.
Frutti

I frutti sono pomi ovoidali o rotondi, di dimensioni variabili da 1 a 3 cm a seconda della specie, rosso-aranciati quando maturi (di color nocciola invece nel ciavardello).
Distribuzione e habitat
Cenere di montagna che fiorisce in Siberia

È ampiamente diffuso nei boschi e nei luoghi rocciosi. Nella regione mediterranea è diffuso anche sui monti.
Tassonomia

Comprende oltre 200 specie tra cui:

Sorbus aria sorbo montano
Sorbus aucuparia sorbo degli uccellatori
Sorbus chamaemespilus
Sorbus domestica sorbo domestico
Sorbus torminalis ciavardello

Usi
Rowan nel giardino della Siberia orientale
Frutti di Sorbus aucuparia.

I frutti del sorbo domestico sono entrati in passato a far parte dell’alimentazione umana, ma oggi non vengono più consumati comunemente.

I frutti del Sorbus domestica non sono commestibili (eduli) quando appena raccolti: lo diventano solamente dopo aver subito l'”ammezzimento”, ovvero essere stati insilati nella paglia e aver subito un processo di fermentazione che li rende adatti al consumo. A oggi si possono catalogare tra i frutti rari e dimenticati, solo alcuni ne consumano i frutti.

I frutti di alcune specie sono stati usati in erboristeria sin dall’antichità, soprattutto per il loro alto contenuto di vitamina C.

Il legno di alcune specie trova vari utilizzi. A scopo forestale, le specie usate sono il sorbo degli uccellatori, il ciavardello e il sorbo montano.

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Tilia (Tiglio)

Il Tiglio (Tilia L., 1753) è un genere di piante arboree o arbustive delle Tigliacee (Malvacee secondo la classificazione APG), originario dell’emisfero boreale.
Descrizione

Sono alberi di notevoli dimensioni, hanno una vita lunga (arrivano fino a 250 anni o più), dall’apparato radicale espanso, profondo. Possiedono tronco robusto, alla cui base si sviluppano frequentemente numerosi polloni, e chioma larga, ramosa e tondeggiante. La corteccia dapprima liscia presenta nel tempo screpolature longitudinali. Ha foglie alterne, asimmetriche, picciolate con base cordata e acute all’apice, dal margine variamente seghettato.

I fiori, ermafroditi, odorosi, hanno un calice di 5 sepali e una corolla con 5 petali di colore giallognolo, stami numerosi e saldati alla base a formare numerosi ciuffetti; il pistillo è unico con ovario supero pentaloculare; sono riuniti a gruppi di 3 (o anche 2-5) in infiorescenze dai lunghi peduncoli dette antele (cioè infiorescenze in cui i peduncoli fiorali laterali sono più lunghi di quelli centrali). Le infiorescenze sono protette da una brattea fogliacea ovoidale di colore verde-pallido, che rimane nell’infruttescenza e come un’ala agevola il trasporto a distanza dei frutti. Questi sono delle nucule ovali o globose, della grandezza di un pisello, con la superficie più o meno costoluta, pelosa e con un endocarpo legnoso e resistente, chiamata carcerulo.
Distribuzione
Il tiglio vegeta nelle zone dal Castanetum al Fagetum in luoghi freschi e ombreggiati

Specie
Tilia platyphyllos

Comprende specie arboree che si incrociano facilmente tra loro, dando luogo a numerosi ibridi dalle caratteristiche intermedie; ne deriva che la classificazione delle specie risulta poco agevole, con opinioni contrastanti tra i botanici, e un numero di specie considerate autonome che può variare da 18 a 65 a seconda dell’autore considerato.

Le specie spontanee in Italia sono:

Tilia cordata Mill. (= Tilia parvifolia Ehrh., Tilia sylvestris Desf.) noto col nome di tiglio selvatico
Tilia platyphyllos Scop. (= Tilia europea L.) noto col nome di tiglio nostrale o tiglio nostrano.

Le specie citate vengono considerate da alcuni autori come sottospecie della linneana Tilia europaea nota come tiglio europeo o tiglio comune; citiamo inoltre la Tilia x vulgaris Hayne noto col nome di tiglio intermedio, che è un ibrido tra la Tilia cordata e la Tilia platyphyllos, con caratteristiche intermedie tra le specie originarie, molto diffuso in Italia.

Tra le specie ornamentali coltivate in Italia, oltre a Tilia cordata, ricordiamo Tilia americana L. e le numerose varietà, originaria del Nord America e nota come tiglio americano; si presenta come un albero di 23–40 m di altezza, a foglie decidue, ovate-cordate di colore verde scuro e piccoli fiori ermafroditi, primaverili, di colore giallognolo, frutti secchi e duri, pubescenti, contenenti uno o due semi. La famiglia del tiglio è “Tigliacee”; il nome scientifico è “Tilia x europaea L.”.
Uso
Fiori di tiglio

con i fiori, molto bottinati dalle api, si può ricavare del miele, talvolta monoflorale
Come pianta ornamentale nei viali, parchi e giardini
Il legno biancastro, omogeneo, leggero (peso specifico 0,90 fresco, 0,65 stagionato) è idoneo a lavori di intaglio, intarsio, scultura, parti di strumenti musicali e per la realizzazione di oggetti vari
In particolare è utilizzato per i corpi di chitarre e bassi “solid body” in liuteria elettrica. La varietà utilizzata è normalmente indicata con l’inglese basswood.
I fiori vengono utilizzati per la preparazione di infusi e tisane
Nell’arboricoltura da legno vengono utilizzate per il governo a ceduo o fustaia, grazie al rapido vigore vegetativo
Come pianta medicinale, nella farmacopea ufficiale vengono utilizzati i fiori col nome di Tiliae flores per la presenza del glucoside Tiliacina, e di tannini, mucillagini, ecc.
In estetica come lenitivo e schiarente.

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Ulmus (Olmo)

Ulmus L., 1753 è genere di piante della famiglia delle Ulmaceae, che comprende alberi denominati olmi, diffusi naturalmente in Europa, in Asia e in Nordamerica e largamente utilizzati come piante ornamentali e soprattutto nella silvicoltura e nell’arboricoltura da legno.

Descrizione

Possono raggiungere 25-30 m di altezza; le foglie sono decidue, semplici, ovoidali a margine seghettato e con la lamina fortemente asimmetrica. I fiori sono ermafroditi, con ovario supero e riuniti in infiorescenze. Il frutto è una samara.
Tassonomia

Il genere Ulmus comprende oltre 40 specie:

In Italia sono presenti 4 specie:

Ulmus glabra diffuso nei boschi termofili di tutta la penisola
Ulmus minor presente in tutte le regioni
Ulmus canescens con distribuzione meridionale
Ulmus laevis nei boschi umidi dell’Italia settentrionale e centrale.

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Zelkova

Zelkova è un genere di piante decidue appartenente alla famiglia delle Ulmaceae.
Descrizione

Le dimensioni variano dalle forme cespugliose tipo la Z. sicula, alte pochi dm, alle forme arboree, tipo Z. carpinifolia, che può raggiungere anche i 35 m di altezza.
Distribuzione

Il genere Zelkova era ampiamente diffuso in tutto l’emisfero boreale sino al Pliocene. Le estese glaciazioni del Pleistocene hanno confinato il genere al suo attuale areale che comprende l’Europa meridionale (poche località isolate) e l’Asia sudoccidentale e orientale.

Secondo il Palaeobiology Database, i primi resti fossili conosciuti per questo genere risalgono a circa 80 milioni di anni fa (Cretaceo) e provengono dal Canada.
Specie

Comprende 6 specie:

Zelkova abelicea – zelkova di Creta
Zelkova carpinifolia – zelkova del Caucaso
Zelkova serrata – zelkova giapponese
Zelkova sicula – zelkova siciliana
Zelkova sinica – zelkova cinese
Zelkova schneideriana – zelkova di Schneider

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*Immagini/testi: Fonte Wikipedia (Enciclopedia Libera)

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